Donne, media e il Bechdel test

Eleonora Pantò
3 min readMay 28, 2021

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Come sappiamo i media hanno contribuito nella costruzione degli stereotipi di genere e la ricerca dagli anni 50, lavora per identificare pregiudizi, rappresentazioni dei corpi, dei matrimoni e degli stupri e dove le donne appaiono “come dipendenti dagli uomini”, “non intelligenti”, “meno competitive”, “più sessualizzate”. Per arrivare a queste conclusioni i ricercatori devono condividere approcci e definizioni. L’uso dell’intelligenza artificiale e del machine learning offre un altro approccio: una ricerca recente di Antoine Mazieres, Telmo Menezes and Camille Roth ha misurato quante volte appaiono nei film i volti maschili e femminili. Sono stati analizzati 3500 film degli ultimi 30 anni e l’algoritmo ha provato a capire se si trattasse di uomo o donna. In media i volti femminili sono stati rilevati nel 34,5%. E’ interessante notare come questo rapporto sia cambiato nel tempo e dipenda dal tipo di film: nel periodo fra il 1985 e il 1989, i volti femminili erano il 27% mentre nel 2019 si arriva quasi alla parità con il 49,5%. E’ interessante notare come la diversa presenza per tipo di film (horror, azione, romantico ecc.) presenti una buona correlazione con il test di Bechdel.

Il test di Bechdel prevede che in un film ci siano almeno due donne, che parlino fra loro e non parlino di un uomo: queste tre regole sono enunciate come una battuta fra due amiche in un fumetto disegnato da Alison Bechtel. Se ci fate caso è una situazione molto normale nei film e questo semplice modo di descrivere la sotto- rappresentazione di un genere ha dato luogo a molte discussioni studi e anche previsioni economiche sul successo di un film, oltre che critiche. E si è esteso anche ad altri tipi di sottorappresentazioni, legate ad esempio al colore della pelle e ad altri campi come il giornalismo e la scrittura di software.

L’articolo scritto da Giulia Blasi per Valigia Blu sul tema della sottorappresentazione delle donne sulla TV in Italia fornisce dati che sono molto distanti dai numeri dell’analisti

Secondo i dati riportati dall’Osservatorio di Pavia, gli uomini rappresentano il 63,7% degli ospiti delle trasmissioni, contro un 36,3% di donne. Le politiche intervistate sono il 18,1%, le portavoce il 22% dei casi, il che rispecchia, in parte, la situazione di grave sottorappresentazione interna alla politica, soprattutto ad alto livello. Ma se la politica è legata in qualche modo all’attribuzione di un ruolo e di una carica che passa per il voto o per una nomina a una carica ufficiale, le esperte sono molto più numerose e facili da trovare. Eppure rappresentano solo il 24,8% delle ospiti dei programmi Rai, e riescono a essere la minoranza anche fra le celebrità: 33,1% contro il 66,9% di uomini.

Blasi prosegue dicendo che non è solo una questione quantitativa e suggerisce come la presenza femminile sia legata a determinati contesti (temi considerati “da donne”) e alla presentabilità (giovani e belle) e che l’esperienza che ci portiamo dietro ci porta ad una cecità selettiva

I numeri non bastano da soli, ma ci aiutano a descrivere una situazione e ci dovrebbero mettere in condizione di discutere per procedere ad ulteriori analisi, e finalmente prendere decisioni per cambiare.

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Eleonora Pantò

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